La personalità del caffè deriva dal metodo di lavorazione all’origine dei suoi chicchi. Naturale e lavato sono i due processi che caratterizzano poi la nostra tazzina.

L’azione principale della lavorazione del caffè si può effettuare attraverso due differenti metodi: naturale e lavato. Il primo è il più antico e consiste nello stendere la drupa, ovvero il frutto a ciliegia della pianta di caffè al cui interno ci sono i semi “i nostri chicchi”, su grandi aie nella sua interezza sotto il sole, muovendola costantemente per evitare la fermentazione. Una volta che la drupa è essiccata la si sfoglia e si pulisce dalla polpa per avere così i chicchi puliti di caffè verde. Con il metodo lavato “wet”, invece, si elimina la polpa dalla drupa attraverso appositi macchinari per “far sgusciare fuori” il chicco dalla sua membrana gelatinosa, chiamata pergamino. I chicchi vengono poi immersi in vasche di acqua per circa tre giorni, in attesa della fermentazione che trasformerà il gusto del caffè contraddistinto da freschezza, profumo e acidità. Dopo essere passati in canalini per essere lavati, vengono asciugati come nel metodo naturale.

Non si può affermare che il caffè lavato sia più buono di quello naturale, che in tazzina è più corposo, ma si può tranquillamente definire più delicato e raffinato, senz’altro con una personalità ben marcata.

Sarebbe un po’ come paragonare un maturo e affidabile contropiede a un gioco di squadra fatto di palleggi e trame avvolgenti. Si può, ma non si dovrebbe per ovvie ragioni.

Riepilogando: Caffè naturale: elevata dolcezza, elevata corposità. Non subisce fermentazione ed è caratterizzato da un contenuto zuccherino più alto. Caffè lavato: leggera acidità, corposità media, aromi più floreali con tempi di fermentazione da 24 a 36 ore e richiede impianti dedicati nei Paese di origine.